Se un imbarazzato cliente con la voce tremebonda chiede con tono stentato a un libraio altrettanto innervosito se la libreria disponga del titolo “La voglia dei cazzi”, non altrettanto esitante sembra l’autore di questo imperdibile saggio;
dico, cioè, del nostro grande Alessandro Barbero, il quale è noto al pubblico più tecnico fra gli storici italiani, nonché consumato autore di saggi imperdibili: ma non di meno a quello più vasto (ed entusiasta delle pubblicazioni di lui!): ma che egli si dedichi allo studio di un tema come il sesso e agli aspetti più scabrosi della vita di un uomo nel medioevo (per non dire di quella dei nostri giorni di riflesso) proprio ci mancava.
Ma torniamo all’imbarazzo: chi scrive qui non è imbarazzato a consigliare questo libro! Se del c***o abbiamo voglia un po’ tutti, o della parte anatomica al femminile per converso, che noi si sia etero, gay o lesbica, e via elencando i diversi orientamenti sessuali che madre natura ci offre e nei quali ci inserisce con, o senza, il nostro consenso, tutti, però, abbiamo senz'altro ritegno a dirlo; ma non Alessandro Barbero che, in un imperdibile intervento su un altro tema (www.youtube.com/watch?v=V875tYKOkfg) dice come lo storico di professione voglia ricostruire il modo con cui l’uomo nella storia pensa e ragiona.
Ed il sesso nei fablieux medioevali ne sono un lungimirante esempio.
Ma come ho già fatto in altra occasione di finzione letteraria sul mio blog
vorrei al professor Barbero stesso rivolgere alcune domande e immaginare (tengo a precisare che è un divertissement il mio e che le risposte sono mie!) cosa egli mi risponda.
“Professore carissimo, come sta?” lo accolgo in pieno centro a Vercelli dove, con l’occasione di incontrarlo, mi sono recato per acquistare una scatola di bicciolani alla cannella.
“Bene grazie, Miradoli. È un piacere il rivederla,” mi risponde con il solito sorriso delizioso; e mi permette di notare il cambio degli occhiali che non sono più quelli di prima, ma qualcosa di un poco più vezzoso e alla moda. Vorrei dirgli che non assomiglia più (come me al contrario!) al solito topo di biblioteca, ma evito: non si sa mai che se la prenda a male. Ma continuo subito: “Mi scusi, se il nostro incontro è solo possibile attraverso un caffè d’asporto… così su due piedi in mezzo alla strada, ma questo covid, sa com’è…”
“Chi come me studia il medioevo, sa bene che cosa sia una pandemia… il vaiolo in fondo ebbe a mietere più vittime del covid 19 e…”
“Molto interessante,” lo interrompo subito, prima che sposti l’argomento dal tema su cui invece voglio stuzzicarlo. “Ma vorrei farle una domanda su questo libro.” E, dicendo così, gli mostro il suo volumetto su La voglia dei cazzi, nella speranza che me lo dedichi con tanto di firma; egli lo fa operando acrobazie per scrivere in controcopertina non potendosi appoggiare da nessuna parte, e così io ho il tempo di domandare: “Mi dica professore, lei ha voglia di c***o?”
“No, tengo a precisare di essere sposato con una bella moglie e sono contento così,” mi risponde ridendo forte e accettando la mia battuta che, se volgare, lo fa ridere vuoi di imbarazzo (evvai, l’ho imbarazzato anch’io!), vuoi perché la battuta è buona.
Sorseggio un po’ del mio caffè per scaldarmi: “Mi dica: quale lo scopo di questo volume?” e non posso, poi, fare a meno di esordire curioso.
Beve anche lui: “Non vi è aspetto della storia, intesa come vicenda dell’uomo che non sia oggetto del mio interesse.”
- Ci siamo -, penso io, il tema del video di youtube che vi ho citato. - Ora mi fa il pippone sulla storia come piace a me… - Ma mi sbaglio e invece del pippone di cui dicevo, è lui stesso che me lo chiede: “Lei non è d’accordo? La storia non deve trattare tutti gli aspetti dell’essere uomo?”
Accetto la provocazione abboccando, lo confesso proprio quasi non aspettassi altro: “Ah certo, è la distanza nel tempo che rende un oggetto interessante,” me ne esco quasi stupito della cosa che dico e che mi sembra (pure!?) intelligente. “Vede questo bicchierino di carta, professore?” Barbero lo vede e assentisce col capo. “Ecco,” aggiungo, “ora noi lo butteremo via nel primo bidone dei rifiuti, ma riscoperto fra mille anni sarebbe un oggetto da museo: come quando noi nei musei archeologici mettiamo i pitali dei Greci per poter di essi esaltare le forme e i colori: ma per i Greci erano (e restano tali!) dei pitali, contenitori di qualcosa per cui oggi proveremmo un contato di vomito!”
Nuovo assenso, ma il silenzio di lui mi fa paura; chiedo: “Forse, mi sbaglio professore?”
“Non sbaglia, ma la prego continui,” mi invita. “Mi piace quanto lei dice…” ma non finisce proprio per farmi continuare il mio pippone sulla storia.
“Bisogna avere l'ardire,” mi spiego “di arrivare così a fondo nella propria ricerca storica per ricostruire tutto dell’uomo e del suo tempo: voglio dire come sia interessante leggere sui muri di Pompei imbrattati degli stessi vandalismi che vediamo oggi e che ci dicono come l’uomo cambia la tecnica e la tecnologia, ma in fondo rimane se stesso.”
“Stultus qui legit…” riferisce Barbero e ride scotendo il capo divertito. “Senza contare le varie volgarità anch’esse presenti… come si fa oggi.”
“Non volevo solo dire dell’interesse che suscita la modernità degli antichi… soltanto almeno…”
“Ah no?” Sembra non capire.
“No: voglio dire che per esempio se oggi noi consideriamo volgare e di cattivo gusto un video porno e spregevoli i Rocco Siffredi e Cicciolina, o i campioni dei porno addirittura gay; io no, devo confessare: ma mi guarderei bene di fare un video in classe in università per approfondire le capacità di ascolto dei frequentanti i miei corsi con un film porno. Mentre lei, professore produce un libro, fa studi e ricerche, e illustra (diversamente da così non potrei dire) come costoro avessero il desiderio di fare sesso e come proprio lo facevano. E questo processo è possibile solo perché vi è dietro un fatto, oserei dire… un’ermeneutica di fondo…”
“E quale sarebbe questa ermeneutica… andiamo che parolone…”
“È il fascino del passato in sé per cui se un pornodivo suscita la nostra ilarità o il nostro disprezzo, il Roman de la Rose, a propria volta, l’interesse di ricercatori come lei e più modestamente come me quando scrivo i miei romanzi storici. Vuole degli esempi?”
“La prego!” mi incoraggia Barbero.
“Se io dico di essere omosessuale, qualcuno si scandalizza o se per strada dico: Ma c**zzo fai? Molti mi darebbe sulla voce scandalizzati, oppure insultandomi a loro volta. Vi sono persone che mi chiedono per esempio perché mai devo dire a una classe universitaria quanto poi è la verità sulla mia vita, e appunto che sono gay e che in fondo ne sono anche contento, sa?”
“Buon per lei!”
“Ecco, ammettendo di averlo fatto, qualcuno mi ha chiesto, scandalizzato, per non dire schifato, se proprio fosse il caso di farlo? Ma se diciamo che Virgilio, o il grande Cesare oppure il grande Alessandro alla conquista dell’Asia erano gay, allora tutto cambia. Vuole altri esempi?” Non c’era bisogno della domanda per vedere il viso del professore ancor più interessato. “Ecco gli esempi: se io le dico che mi piacciono i negroni e a lei le t***e grosse (come immagino!),” e rido divertito e pure lui in quanto ho colto nel segno. “Ecco, se lo faccio sono volgare, se lo riferisco a un fatto storico o a un testo come un fabliau medioevale, faccio pure la bella figura che fa la persona colta.”
E faccio notare a lui (come anche ai miei pochi lettori!) che a conferma delle mie parole ho dovuto inserire degli asterischi (c****) alle parole più scabrose proprio perché i puritani americani di Facebook, Twitter, Google, e chi più ne ha più ne metta, in nome del politically correct mi cancellerebbero dai siti proprio perché ho usato parole di tal fatta oggi (quasi gli asterischi impedissero di pensare ciò cui tutti i lettori di questo pezzo penseranno!) L’ipocrisia non ha confini e il professor Barbero ride amaro, ma ride.
E precisa: “Tenga conto che i documenti citati sono rigorosissimi stralci della vita medioevale, giuridica, sociale, epistolare e quotidiana del medioevo. Utili anche a smitizzare che nel Medioevo ci fosse un oscurantismo e una società chiusa a chiave in conventi o cinture di castità e subito dopo, con il rinascimento, per converso, tutti a darsi alla pazza gioia del sesso tornando alle orge degli antichi Romani.”
Poi aggiunge e chiosa: “Insomma, siamo d’accordo: la storia ammanta tutto con un fascino irripetibile!”
“Siamo d’accordo,” confermo e lo ringrazio di questo testo lungimirante in senso appunto ermeneutico.