Un'obiezione, rivolta a chi vi scrive a proposito dei suoi romanzi, è stata la seguente: “Tanta cultura, tanto bello scrivere” e di questo (scusate l’immodestia) ne vado fiero, “per poi dire una cosa tanto triste e così offensiva per chi crede: quando si poteva utilizzare la medesima cultura e la medesima bella scrittura per sostenere la causa della fede!”
Senza azzardare da parte mia ancor più immodesti paragoni, una cosa del genere si potrebbe sostenere anche per Lettere di una novizia di Guido Piovene, il quale ci parla, in uno stile epistolare quasi perfetto, di una monacazione che invece di corrispondere a un'autentica vocazione al convento è solo una via di fuga. Eh sì, perché vedete Piovene ci racconta di una ragazza che si vede costretta, quasi come Gerturde ne I Promessi Sposi (anche se nel caso della monaca di Monza per volontà del padre di lei), si vede costretta, dicevo, a ritirarsi in convento per una colpa commessa (e non vi dico quale altrimenti vi rovino la lettura) e, di conseguenza, evitare la condanna della giustizia umana.
Lo stile e la capacità narrativa nonché il coup de théâtre di Piovene, abile dispensatore di retorica e di orpelli stilistici, rendono la lettura del romanzo un capolavoro da non perdere.
Lo stile, la forma, il registro narrativo, la trama avvincente e il colpo di scena, il rapimento estatico del lettore, il meccanismo di dipendenza fisica della lettura, quasi di astinenza verso il libro, l’identificazione stessa della sua vita, durante periodo di lettura, con le pagine del racconto, il fatto stesso – come scrivo nel mio nuovo romanzo – di associare da parte del lettore un libro a un periodo, un luogo, uno stato d’animo della propria esistenza, il rimpianto e la nostalgia che prendono il lettore una volta terminato il libro, il dar vita a personaggi, a linguaggi, a visioni e a prospettive che nella nostra fantasia e nelle nostre quotidianità sono così riusciti da sembrare più vivi e fisicamente più presenti di tante persone grigie e insignificanti che ci circondano materialmente: tutto questo è letteratura! Altrimenti per ricordare Hitchcock, uno non va al cinema per vedere la realtà, ma per farlo se ne resta a casa sua.
Lo stile, in particolare, ci permette una riflessione che spesse volte viene dimenticata, per non dire volutamente tralasciata, e cioè che l'opera d'arte, la letteratura o la musica sono tali perché lo stile dell’artista è in grado di compiere il miracolo, rendendo arte ciò che potrebbe benissimo essere cronaca (come nel caso di Piovene), o imbrattatura di un muro o semplice rumore; mentre il ridurre il tutto al contenuto di riferimento rischia di portare alla seguente volontà: molto spesso la tesi deve confermare l'intenzione di un'ideologia che di essa viene prima e a essa soggiace.
Lo stile è invece tutto, al punto che portando alle conseguenze estreme il ragionamento, poco importa di cosa parli l’arte perché essa sia arte. E l’anonimo autore de Il sublime di tarda età ellenistica lo dice chiaramente. Senza esagerare, bene inteso: il contenuto ispira l’azione dell’artista; tuttavia, esso è solo condizione necessaria alla genesi di uno stile che lo animi davvero.
Facciamo degli esempi, tanto per capirci. Per una lettura prettamente marxista un testo che parli della santità di un uomo o di una donna che si ritirino in convento, oppure di una tesi che offra una riflessione intima sul senso della vita o del dolore cui siano una risposta Dio e la fede, “quando si poteva parlare dei diritti calpestati del popolo lavoratore” come vera causa ultima della nostra condizione umana di infelicità (Siamo infelici? Col reddito di cittadinanza i dolori spariscono!), è un testo decisamente brutto e non artistico; per suo converso, per un cattolico o un uomo di fede, un luogo letterario in cui si parli di una monacazione forzata, volta cioè a sfuggire un delitto commesso e il carcere in uno stile così bello come quello di Piovene è un testo altrettanto brutto. “Si sarebbe potuto parlare dello slancio mistico di una fanciulla la quale, anche se forzata a una scelta, trova comunque nella vita monacale accettata di buon grado (come suggerisce lo stesso Manzoni per risolvere il problema a Gertrude) la risposta alle proprie angosce.”
A me viene in mente una cosa, non so a voi.
Ricordate il rogo dei libri di Hitler? Ricordate l'ideologia nazista a proposito delle opere immorali e depravate che andavano distrutte? L'arte è puro stile che veicola, sì certo, un'idea (questo è proprio inevitabile!) che magari non piace, ma è la forma con la quale io sono in grado di esprimere quell’idea che rende quest’arte degna di essere un classico, di coinvolgere il lettore attraendolo in quanto punto di vista di un autore che vuole esprimere quell’idea, e la sua forza è proprio di convincere attraverso uno stile e un gusto.
Questo è il caso di Lettere di una novizia di Piovene, il quale ti lega per un paio di centinaia di pagine a un volume da non perdere.