Carissimo Jonathan,
questa NON è la risposta al tuo pezzo pubblicato in prima pagina del quotidiano Il Domani dal titolo “La legge del più forte, l’Omofobia in presa diretta” e che narra uno dei tanti episodi odiosi di omofobia.
E’ un pezzo che sarebbe dovuto comparire su un quotidiano italiano conservatore e liberaldemocratico su posizioni contrapposte, politicamente, filosoficamente, al quotidiano il Domani.
E se vi fosse una destra liberale, europea, profondamente popolare in Italia, così come in Germania c’è la CDU della Signora Merkel, ci sarebbe forse anche un quotidiano vicino alla sua linea politica su cui comparirebbe questa risposta, mai comparsa.
E avrebbe, questo giornale, con questa risposta, replicato che la maleducazione, l’inciviltà, il non rispetto del prossimo che sono dietro a un insulto gridato per strada rappresentano una forma di violenza morale e psicologica, e sono innanzitutto una violazione della libertà del singolo, dell’individuo, del suo spazio vitale e umano di dignità.
E avrebbe aggiunto, questo pezzo giornalistico, dico, che il massimo bene che possediamo, se non l’unico, è la libertà, e che la libertà esiste perché essa ha come fermo limite quello di non travalicare questo invalicabile limite che, poi, è quello della libertà degli altri, qualunque cosa noi pensiamo di essi.
E’ una regola prima ancora che di civile convivenza, di buon senso.
No, avrebbe aggiunto l’articolista: l’eteronormatività, qualunque cosa essa sia (mah?), non c’entra nulla, poiché il 99% degli eterosessuali non si comporta così; non c’entra nulla poiché si tratta di maleducati, di incivili, di teppisti del libero convivere; non si tratta di “maschi” (siamo tutti esseri umani) e degli uomini questi non hanno neanche la dignità, si tratta di idioti che pensano che la loro prepotenza sia libertà, che il loro turpiloquio e le loro offese siano opinioni, che i loro turbamenti e le loro insicurezze sessuali – perché di questo si tratta: un eterosessuale felicemente tale non ha bisogno di insultare un presunto omosessuale per sentirsi tale! –, le insicurezze che affollano le loro menti e che si trasformano in aggressioni verbali, siano libertà di parola e di opinione.
Avrebbe, quindi, concluso, l’articolista liberaldemocratico, che non è affatto vero: per strada non vige la legge del più forte, poiché questi atti, oltre a non aver nulla a che fare con la forza in libertà, sono semmai segni di debolezza, di insipienza, di pochezza, azioni di vigliacchi che hanno sempre bisogno di farsi forza in gruppo, di persone misere che compiono crimini, in quanto di crimini si tratta, contro la libertà di un singolo essere umano e soprattutto contro la di lui libertà di vestirsi come meglio egli creda, di essere ciò che è, e ciò che è, cioè la libertà di esserlo, il suo mondo, il suo essere unico al mondo, il suo essere un mondo nel mondo, (senza scomodare necessariamente Heidegger) rappresenta l’unica cosa veramente di valore in questa esistenza senza la quale nulla ha un senso, se senso esiste nelle nostre vite.
Certo, avrebbe chiosato l’articolista, sacrosanta è una legge contro gli atti di omofobia, di incitamento all’odio omofobico, di aggressione umana e morale del prossimo in ragione del suo orientamento sessuale, così come tutte le liberaldemocrazie ne hanno una: ma non perché vada fatta una “ristrutturazione culturale ed emotiva del nostro Paese”, oppure per obbligare le famiglie a farsi piacere che i figli imparino a scuola da qualcuno di qualificato ciò che oggi altrimenti imparano o credono di imparare dai siti porno, poiché per un liberale come il sarebbe stato autore del pezzo, la natura umana non la si corregge a forza di educazione, e neanche con una legge, dacché nessuna legge che punisce i ladri, per quanto tremenda sia la pena, fosse anche il taglione, ha mai cancellato il furto dai comportamenti umani.
Al contrario, avrebbe poscritto, il giornalista: a chi pretende di insegnarci che la libertà è fare ciò che passa per la testa – e ne vediamo di super campioni di questa presunta libertà con il Covid, anche nelle fila degli statisti in giro per il mondo – dobbiamo invece far capire che il problema non è disprezzare il prossimo, trovarlo ridicolo, trovarlo osceno, provocatorio; il problema non è la natura umana fatta di istinti, fatta di pulsioni, fatta di una umanità di lupi che sono lupi agli altri uomini; il problema è far pesare agli altri, a una persona, questa nostra natura di lupi, uccidendo il prossimo socialmente, violando la libertà di uno sconosciuto che chiedeva solo al proprio pomeriggio di diventare il palcoscenico della propria esistenza a tal punto che, forse, ucciderlo fisicamente, sarebbe stato, oh sì! Sarebbe stato infinitamente meno grave.
Ma naturalmente tutto ciò non è mai stato scritto, non è mai stato pubblicato, nel mai esistito giornale liberaldemocratico, e mi contento di riservarmi l’onore di scriverlo a Te.
Un abbraccio,
Renato Carlo Miradoli