Imperdibile senza meno è il prezioso volumetto del noto vaticanista Aldo Maria Valli, “266. Jorge Mario Bergoglio Franciscus P.P.” edito da liberilibri.
La severità della trattazione svolta, ma soprattutto della critica che l’illustre giornalista rivolge alla persona e al magistero di Bergoglio sembrerebbe, a una prima e superficiale analisi, la solita valanga di contestazioni ricevute dal pontefice in carica da parte di quei cattolici che, accusati di essere intransigenti e troppo rivolti all’ortodossia (e, francamente, chi scrive, pur non essendo né cattolico né tantomeno intransigente, si accoda a quelle critiche) rivolge al supremo reggitore della barca di Pietro, la quale sembra fare acqua da tutte le parti.
Non voglio entrare qui nel dettaglio delle lungimiranti osservazioni di Valli quando egli descrive il personaggio nelle sue continue contraddizioni, nonché affermazioni che nella stragrande maggioranza dei casi vanno contro la tradizione della Chiesa Romana, del magistero dei pontefici romani e verso un inarrestabile sconfinamento in un banale tentativo di piacere a un pubblico invisibile e di lontani, i quali sono destinati a restare tali in quanto indisponibili a convertirsi, restando essi voracemente sulle proprie posizioni di (appunto) lontani dalla fede cattolica.
Populista è l’aggettivo che mi ha colpito maggiormente per definire un comportamento volutamente indifferente alla dottrina che Valli con efficacia descrive liquida in una cultura come la nostra dove manca proprio la precisione ermeneutica di qualsiasi ragionamento vuoi filosofico, vuoi politico oppure etico. Inevitabile è il riferimento a quei movimenti politici (appunto dalla dottrina liquida e sempre mutevole) capaci di proporsi alle elezioni con un programma, salvo poi cambiarlo una volta (non vinte le medesime per la carità!) passate le quali per riadattare continuamente il proprio pensiero all’unico scopo di piacere o di confermare il grande Orwell nel suo celeberrimo “1984”; ed emerge un uomo solo pubblico che piace a tutti, ma soprattutto a se stesso.
Ma se abbiamo avuto già politici che si sono definiti “cattolici adulti” rivendicando la propria autonomia nell’interpretare l’essere cattolici, può un Papa essere “cattolico adulto”?
A sentir Valli, Jorge Maria Bergoglio non è un eretico o un eresiarca, egli ingenera solo confusione. In fondo, Valli dedica troppa importanza a un uomo che non ha (per usare un termine di moda) background culturale serio, pur essendo un gesuita o, proprio, perché egli è gesuita: egli è solo brutto e sciatto, e senza passato.
Quanto, tuttavia, ci preme qui osservare è, quindi, ben altro e, cioè, ricordare cosa il pescatore Pietro ripete a Pisone nel colloquio finale del nostro modesto volume “Epistola a Tiberio”, il quale in buona e bella sostanza recita come segue: “Crederanno sempre, anche se qualcuno dovesse cambiare le carte in tavola, in quanto è più facile credere che il suo contrario; e credere è un bisogno per evitare il peggio, cioè il dovere vivere senza una speranza, anche se consapevoli che essa è falsa.”
Il buonismo, il qualunquismo e, infine, per parafrasare Valli, la liquidità della dottrina della nuova Chiesa Cattolica Bergogliana del post concilio Vaticano II sembrano facilitare l’intramontabile credo che sembrava essere animato dallo Spirito Santo (sempre naturalmente per coloro che credono). Ma questo non importa: ciò che importa è di continuare a credere o di fingere di credere, perché il vuoto che si creerebbe dalla mancanza di senso, che è frutto del dubbio, sarebbe solo peggio e in grado di non farci sopravvivere.
Bergoglio in fondo dà carta bianca a qualsiasi richiesta dicendo che in nome della misericordia (oggi), dell’apertura ai lontani (domani) e della revisione di quanto già deciso (dopo domani), egli sembra dare ragione a tutti, quasi il consenso di personaggio pubblico fosse l’unico criterio per giudicare la verità (anche a costo di allontanare chi è profondamente cristiano di già). Viene in mente il famoso film di Totò e Walter Pidgeon, “I due colonnelli”, in cui il grande comico napoletano nel ruolo di colonnello Di Maggio viene costretto da un implacabile maggiore Kruger della Wehrmacht tedesca a bombardare il paesino immaginario di Monte Greco in nome del fatto che egli avrebbe “carta pianca”, e a noi vien voglia di rispondere a Bergoglio e al suo liquido entourage di collaboratori, zelanti e mielosi, quanto il grande comico ebbe a dire all’ufficiale tedesco di quella stessa carta bianca. Il film è su Youtube se volete vederlo per sentire quelle parole: ma con questo libro, in fondo, proprio anche Totò converrebbe che se ne capisce il senso profondo.
Buona lettura.