Dopo l'Elogio della follia del grande Erasmo da Rotterdam, ecco il mio più modesto Elogio della Confusione.
Oggi al TG3 il primario del San Martino di Genova, il grande dottor Angelo Gratarola, finalmente ci dice il giusto plurale della parola pronto soccorso che resta, appunto, pronto soccorso. Un pronto soccorso, tanti pronto soccorso. Grazie, dottor Gratarola! Grazie a nome di Dante Alighieri e di Alessandro Manzoni.
Sarà dovuto al coronavirus, ma non manca giorno in cui non regni la confusione morbosa vuoi delle ordinanze del Governo/Ordinanza delle Regioni/Ordinanza del Sindaco del Comune, vuoi del dogma ortodossia/eresia delle alte gerarchie post conciliari (per cui si salvano tutti: tipo rimpiattino: liberi tutti), vuoi anche della linguistica e della grammatica italiana; e così si sprecano i pronti soccorso, i pronto soccorsi; per non citare la ministra della Pubblica Istruzione, l'assessora alla Sanità, espressioni tutte all'insegna del politically correct, salvo, ben inteso, quello nei confronti della lingua italiana e dell’antifemminismo di fatto delle femministe più scatenate che non si rendono conto di proporre la mobilizzazione dei sostantivi come riaffermazione della femminilità, quando invece fanno il gioco dei maschilisti più scatenati che vogliono sapere se il professionista coinvolto sia una donna o un uomo, nel qual caso andranno altrove (nel caso sia una donna naturalmente!).
E’ fantascienza poi immaginare che qualcuno degli sgrammaticati giornalisti della TV si rivolga al “Signor Ministro” o “Signor Questore” invece di rivolgersi con un “Ministro!” degno del mercato ittico. Ma se il malcapitato non ha una carica da anteporre, è fin peggio: ci si rivolge all’intervistato con tono interrogativo per cognome (“Miradoli??”) come la maestrina dietro alla lavagna che può terrorizzare gli alunni facendo rimbombare il loro cognome in aula.
In principio era il verbo e il verbo (in questo caso specifico!) fu tale Alberto Tomba che fece ridere mezza Italia (o tutta intera?) con i suoi apripisti: il dramma è che in vent’anni da allora non solo non si ride più di termini come presidentessa o, peggio, sottosegretaria (sarà la segretaria della segretaria di qualcuno?), ma che i posti nei consigli di amministrazioni assegnati a donne sono sempre gli stessi, cioè pochissimi, e che, a pochi giorni dal 72esimo anniversario della fondazione della Repubblica Italiana, non abbiamo mai avuto un presidente del Consiglio dei Ministri (ops… Presidentessa del consiglio delle Ministre?) o Presidente della Repubblica (vide supra) tra le cittadine elettrici di questo sgangherato paese.
Chissà se anche le sindachesse o sindache o le assessore o, ancora, le ministre nonché presidentesse, le statistiche (studiose delle leggi delle probabilità, si intende!) varie capiranno mai che mobilizzare i nomi mobili inesistenti è un'offesa al proprio ruolo istituzionale che non deve assolutamente tenere conto che esse siano donne oppure uomini, aspetto ininfluente ai fini della propria competenza professionale.
Ma forse è meglio così: in fondo l’ordine è noioso, il nuovo della confusione avanza, la logica pura è desueta, tutta roba vecchia, avrebbe ironizzato il compianto Raimondo Vianello. E proprio per questo quando qualcuno rivendicherà di poter dire atleto o ferramento per un uomo, il nuovo diventerà velocemente vecchio, e il vecchio tornerà di moda e dopo un lungo regno della confusione ricorderemo il dottor Gratarola per aver salvato, oltre che vite umane dal coronavirus, anche la grammatica dei nomi mobili e con essa l’orecchio e lo stomaco degli amanti della lingua.