Questo è un esordio, e in un esordio la timidezza fa la parte del leone.
Chi scrive sa che egli sarà vittima inevitabile di critiche e, se critiche saranno, egli si augura esse siano ragionevoli o, per lo meno, frutto di un ragionamento costruttivo o volto a capire più che a far dell’inutile polemica.
Ci sottrarremo noi alle critiche? No, mi pare ovvio! E allora che esse ci giungano, in modo da sentire il polso di quanto ci circonda e ci accompagna in questo brevissimo (forse troppo breve) lasso di tempo che la vita nella sua immancabile ingiustizia ci offre.
Chi scrive ha un dubbio e lo offre a chi ci leggerà.
Da qualche tempo a questa parte (dal Concilio Vaticano II a oggi, per capirci), dobbiamo constatare che il senso del sacro (cattolico) è andato un po’ a farsi benedire (da altre religioni, ecumenicamente ben inteso).
Stupisce, per non dire atterrisce, l’osservare che di una lunga tradizione, che non esitiamo a chiamare, di bellezza ben poco resta a “testimonio consolante della coscienza” (per citare l’irraggiungibile Manzoni). Se il desiderium Dei di cui i mistici parlavano con tanta (appunto) nostalgia, poco resta, e se lo studium, cioè la passione che un tempo gli antichi sembravano coltivare per quanto di più bello e evocativo vi era nella religione cristiana prima, e cattolica poi di conseguenza, è quasi scomparso, ci viene male (per dirla alla moderna).
Stupisce, dunque, per non dire nuovamente atterrisce il vedere che anche questo discorso di chi scrive, lascerà molti indifferenti. E allora vogliamo fare un esempio fra tutti che non so fino a che punto chi ci leggerà avrà modo, se non proprio l’intelligenza di capire, almeno di pensare come possibile.
Senza citare Hans Urs von Balthasar e amici, per il cui Dio prima ancora di essere Vero è Bello, ci domandiamo dove sia finita questa bellezza di Dio. Entro in una Chiesa cattolica barocca e ne vedo scempiato il presbiterio dopo anni di costosi e discutibili lavori di adattamento alle esigenze necessarie (!?), lungimiranti (!?) e liturgiche (sic!) del Concilio (ah, per Concilio si intende l’unico grande concilio, cioè il ventunesimo, il Vaticano II: gli altri venti non sembrano neanche essere mai esistiti, o se mai, cerchiamo di dimenticarli!) e della ricercatezza forse esagerata, ma composta del barocco appunto o della spiritualità verticistica del gotico, trovo un bel tavolino da bar. Ops, i gusti cambiano, e così le esigenze dell’uomo moderno il quale sembra apprezzare più la fòrmica del marmo, oppure egli sembra preferire le chitarre elettriche e i bonghi alla polifonia.
Stupisce, per non dire atterrisce (scusate l’anafora continua, ma efficace) che i contenuti della religione siano diventati quelli dell’azione sindacale e che la povertà intesa come scelta dell’uomo per il raggiungimento della perfezione in Dio sia diventata semplicisticamente un’ingiustizia sociale da cancellare.
Su questo ritorneremo.
Il sito presente è il luogo in cui mi sarà gradito consigliare, per chi avrà la pazienza di leggermi, riflessioni su fatti, avvenimenti e tematiche di carattere filosofico-storico, religioso e teologico, non perdendo di vista l’evolversi dei tempi (in cui paure e speranze degli uomini rimangono sempre le stesse).
Uno spazio specifico avrà dunque di conseguenza la lettura dei libri che periodicamente segnalerò.
Non si tratterà per forza di libri appena usciti. L’importante è non perdere di vista il tema principale: credere è un punto di debolezza o di forza? Chi ha fede perde la scommessa o la vince?
A questo proposito una lettura di un libro “d’annata”, sarà proprio la prima di queste schede: “Il miracolo di Padre Malachia” di Bruce Marshall edito da Jaca book (purtroppo in una traduzione brutta e sgrammaticata: per i più colti suggeriamo la lettura dell’originale inglese: è molto meglio). Vi invitiamo a leggere, dunque, quanto forse dai pulpiti non si dice più: vi invitiamo a credere nell’incredibile. Noi non ci crediamo molto (ormai), ma se una religione è una religione, noi la intendiamo così.
A presto.