Oggi parliamo di Sottomissione, Soumission, il romanzo di fantastoria di Michel Houellebecq uscito da poche settimane pubblicato in Italia da RCS Libri http://www.rcslibri.it/libri/sottomissione/?gclid=CKOnzM_I3sMCFUHItAod4n0A9w
Il libro in sé non è particolarmente interessante) sopravvalutato forse grazie ai tristi eventi recenti di Parigi) non sicuramente quanto il dibattito che ha prodotto anche all’interno dello stesso mondo letterario.
In particolare sul blog del Corriere, Italians, è apparso questo intervento ad opera di Paolo Federici http://italians.corriere.it/2015/02/03/sottomissione-di-houellebecq-la-mia-recensione/
Federici, infatti, ha ragione e sembra così dirci che il cattolicesimo ha fallito nel comunicare il proprio messaggio, il quale ha perso “la sua moralità.” Egli in linea con il (legittimo) pensiero emergente di coloro alla continua ricerca di valori (perduti, a sentir loro) annulla il futuro di una società, di una comunità, di una Chiesa (per farla breve) e ci ricorda (giustamente) il passaggio di testimone da parte delle fede cristiana alla fede in Allah e nel suo profeta Maometto. Esplicito appare il riferimento alla visione di valori calati dall’“alto” attraverso un libro che rappresenti la moralità, cioè la verità di quei valori che plasmino un gruppo di persone e ad esse esso sia in grado di conferire il recupero di quanto è definitivamente perduto, cioè il senso della verità di un Valore più grande che è Dio. Il libro di Houellebecq rappresenta la negazione di tutto questo e Federici ha nuovamente ragione e di questo lo ringraziamo.
Tuttavia, ci riserviamo un dubbio. Ecco, umilmente ci viene da chiedere: ma se uno non ci credesse in Dio, che dovrebbe fare? Oppure se la ricerca di questa (giusta) verità o moralità, che dir si voglia, deve scendere dall’alto, se ancora da un libro sacro (la Bibbia, il Corano e, via elencando, tutti i testi citabili) derivasse il contenuto di un messaggio (in cui io non credo) che plasmi appunto il vuoto che in effetti ci circonda e ci angustia in questo panorama desolante del passare da un atto immorale a un altro, da una prostituta a un’altra, da una studentessa sedotta alla successiva, ecco, se tutto ciò va ricercato in un Valore che viene da Lassù, ci devasta il dubbio che se uno non ci credesse sarebbe proprio perduto! Ci spieghiamo: se la verità deriva da un Altro Luogo e il valore profondo del vivere insieme deriva da Lassù e non dal rispetto del limite della coscienza e della libertà del singolo (che in fondo avrebbe anche il diritto di chiedere a
Quello lassù: “Ma chi te l’ha chiesto di mettermi qui a vivere senza chiedermi il permesso?” oppure ancora: “Se io soggetto unico e inimitabile, per sbaglio, dico per sbaglio!, non credessi affatto che Qualcuno esista lassù e che quel Qualcuno fosse la fonte del mio valore ultimo per cui avrebbe senso il vivere), dovrei forse far finta di credere per potermi dire umano?”
In fondo ci sembra che Federici ci dica che è meglio credere piuttosto del suo contrario in modo da poter dire al momento della fine dei nostri giorni: “Intanto, io ho creduto; quindi, a me non può accadere nulla di male.” Come se la fede o la sottomissione uno potesse veramente darsele da solo.
Meglio credere contro la propria volontà? Non sappiamo. Appunto.
